Mamme.tv intervista Jacopo Campidori un superpapà pieno di ironia
Un giorno stavo su Facebook e Silvia Lonardo di Cose da mamme aveva pubblicato un articolo scritto sul suo blog da un papà, Jacopo Campidori. Per curiosità ho cliccato e mi sono trovata a leggere uno degli articoli più divertenti legati al tema “mammesco” scritto però da un papà.
Ho notato che Silvia ne ha postati altri, tutti corredati da divertenti immagini fatte proprio da lei, che per la cronaca è un’ottima disegnatrice. Ogni articolo era sempre più divertente e surreale, tanto che mi si è accesa una lampadina e ho pensato: “Lo contatto e faccio un’intervista così, finalmente, vediamo il punto di vista di un papà”. Gli ho mandato una mail ed è stato di una disponibilità unica, si è messo in “gioco” con le mie domande, anzi si è veramente aperto. Il risultato? Non vi rimane che leggerlo! Consegno la parola a Jacopo!
Jacopo, ti va di raccontarci qualche cosa di te?
Sono un fiorentino doc dal 1978, l’anno in cui sono nato. Verso i tre anni mi hanno spedito alla scuola materna. Io diplomaticamente ho pregato i miei genitori di essere lasciato a casa coi nonni, ma non sono stato abbastanza convincente. Alla prima occasione quindi sono fuggito, ma mia madre, non condividendo i miei sogni di libertà, mi ha riportato immediatamente indietro. Questo episodio mi ha fatto covare rabbia e rancore, e mi sono messo a progettare una fuga in grande stile, mai messa in atto in quanto le maestre sono state sempre più scaltre di me. Alla fine ho gettato la spugna, mi sono rassegnato, e mi sono ritrovato trent’anni dopo a guardarmi allo specchio ed accorgermi che ero diventato uno psicoterapeuta. In quest’arco di tempo ho anche messo al mondo due figli, Martina di 7 anni e Francesco di 3, a cui, in quanto psicologo, ho regalato un 10% di probabilità in più di avere disturbi di tipo emotivo-psicologico.
Da buon narcisista ho deciso che dovranno seguire le orme del padre, e pertanto la mattina li accompagno a scuola, per assicurarmi che non scappino in cerca di effimeri sogni di gloria.
Lavoro come psicologo – psicoterapeuta con adolescenti, adulti e coppie, e seguo ragazzi e bambini disabili nelle scuole come educatore. Sono inoltre una persona molto curiosa, sempre in cerca di qualcosa di nuovo da imparare, mi appassiono alle cose, dentro alle quali mi getto a capofitto in maniera ossessiva fino a che non le ho completamente sviscerate. A quel punto le abbandono in cerca di nuovi interessi. In questa continua ricerca sono rimasto però sempre fedele alle mie principali passioni: il cinema, la lettura e la scrittura.
Che tipo di papà sei?
In linea di massima sono un papà giocherellone. Passo molto tempo coi miei figli, perchè in fondo mi diverto io per primo. Poi ovviamente dipende dal momento. Ci sono attimi in cui mi arrabbio e alzo la voce, specialmente quando il caos in casa diventa ingestibile.
Quanto ti è stato utile il lavoro di psicologo nell’approccio con i bambini?
Io non credo che essere psicologo ti renda più capace di altri nell’allevare i tuoi figli. In realtà spesso può essere un problema. Perchè lavorare con i bambini, e fare il genitore, sono due cose assolutamente diverse. Io temo quegli psicologi che mettono in pratica coi propri figli in maniera pedissequa le tecniche imparate sui libri, mischiando la vita privata con la vita professionale. Come, in fondo, mi spaventano quei genitori che provano a tutti i costi a mettere in pratica le teorie lette sui manuali. In realtà non esistono tecniche che possono essere applicate a priori ad ogni bambino, ma sono convinto che tutto vada adattato a chi ti trovi di fronte: ogni bambino è diverso dall’altro. Con questo non voglio dire che gli psicologi non siano importanti, in certi momenti è assolutamente necessario un loro intervento, anche solo per consigliare la famiglia a risolvere determinate problematiche che non sono in grado di gestire. Ma sono anche convinto che i bambini abbiano bisogno di padri e di madri, più che di professori che insegnino ed applichino su di loro delle tecniche. Bettelheim, uno psicologo del secolo scorso, disse la cosa più giusta che potesse essere detta: “Per essere genitori passabili occorre riuscire a sentirsi sicuri di sè come genitori, sicuri nel rapporto col figlio. Talmente sicuri che […] non ci si preoccupa più di tanto, e non ci si sente in colpa all’idea di non essere genitori passabili. La sicurezza del genitore circa il suo essere genitore sarà l’origine della sicurezza del bambino in rapporto a se stesso. […] Più sicuri come genitori, meno preoccupati di sbagliare”. Questo è forse quello che più mi porto dietro dal mio lavoro di psicologo al mio lavoro di genitore: che è meglio sbagliare, senza farsi problemi, che non fare niente per paura di sbagliare. Un genitore che sbaglia è umano, un genitore che non sbaglia mai è l’incubo peggiore che io possa immaginare.
Qual è l’episodio che più ti è rimasto impresso della gravidanza di tua moglie/compagna?
Ce ne sono molti, tutti per qualche motivo ugualmente importanti. C’è il giorno in cui abbiamo fatto il test, le lacrime, la felicità, la paura, i dubbi, le insicurezze. C’è il giorno della prima ecografia, quando neppure capivo dov’era la testa e dove le gambe, ma ero contento, perchè mi avevano assicurato che quella era Martina, e io ci credevo. Ci sono gli sbalzi d’umore, che mi hanno preso in contropiede, perchè io credevo che per nove mesi, senza ciclo, si vivesse nella pace. Poi sono arrivati, i primi acquisti, le prime tutine misura zero mesi, che Martina poi non avrebbe mai indossato perchè è nata di 4 chili e mezzo e non c’entrava. La certezza che sarebbe nata in anticipo, perchè la mamma se lo sentiva, e una mamma queste cose se le sente, e allora da luglio in attesa, nonostante poi sia nata a fine novembre, due settimane dopo la scadenza. Per non parlare dei corsi preparto, le ansie, i sogni, la preparazione. Non lo so, ci sono stati tanti momenti…che non ne saprei scegliere uno. Forse il mio preferito è stato quello della nascita, quell’attimo subito dopo il travaglio, quando i 9 mesi di gravidanza e quelle ore di dolore sono già un ricordo, sostituito da quella tartarughina grinzosa che piagnucola poppando l’aria e muovendo le manine in cerca di chissà cosa.
Quello invece da quando sei diventato papà?
Prima di diventare papà, tutti i padri che incontravano mi dicevano, “ah che bello, tutto bellissimo, ti danno così tanto”, e io contento, perchè di base sono un credulone, se mi dici tutto bellissimo, io ti credo, che motivo avresti di mentirmi? Poi è natata Martina, ed cominciato il delirio. Notti insonni, pasti saltati, cambi di pannolini alle ore più strane, rigurgiti, sondini, e sempre a corsa, lavoro, casa, sonno, e i litigi. E mi chiedevo, “bah, tutto bellissimo non è, sarà che sono io un freddo egoista maschilista schiavista? Perchè non è questo idillio di cui tutti parlano?” Poi la mattina alle 6, quando le prime luci cominciavano a filtrare tra le tapparelle, mi ritrovavo disteso sul divano con questo esserino piccino che si era appena addormentato sulle mie ginocchia, e mi dimenticavo di tutto. Stavo ore a guardarla, mentre dormiva tra le mie braccia, cullandola, perso in quel suo respiro leggero, in quell’odore di latte, in quel musino delicato. Capivo ogni volta che cosa intendessero tutti i padri con cui parlavo… poi riapriva gli occhi, e ricominciava la baraonda, il delirio, ed era di nuovo il caos. Quegli attimi in cui dormiva beata mi facevano scordare tutte le fatiche, tutte le notti insonni, tutte le difficoltà che un bambino appena nato si porta dietro. Questo è quello che non scorderò mai dell’essere diventato padre, quei momenti di stanchezza abbandonato sul divano con Martina addormentata beata sulle mie ginocchia.
Qual è secondo te la differenza principale tra la mamma e il papà nella gestione dei figli?
Prima di avere figli ero convinto che le due figure potessero essere interscambiabili. Mi sono trovato spesso a fare la parte del “mammo”, soprattutto per dare il cambio alla mia compagna: ho dato il biberon ai bambini quando ce n’era bisogno, ho cambiato pannolini senza problemi, li ho messi a letto, sono stato sveglio nottate intere quando le coliche non li facevano dormire, e ancora oggi mi sostituisco senza problemi, facendo da mangiare, lavandoli, o leggendo storie prima di farli addormentare.
Ciononostante mi sono reso conto che essere madre ed essere padre sono due figure decisamente diverse. Penso che il ruolo della madre sia più legato all’accudimento, alla dolcezza, ad un’immagine di tenerezza in cui specchiarsi quando c’è un bisogno di tipo emotivo. Il padre (forse però è solo il mio caso, non voglio generalizzare) è più legato ad un ruolo di regole e di gioco, una figura a cui rivolgersi per bisogni meno interiori, più pratici, più pragmatici. Questo almeno nelle prime fasi della vita, dopo, sicuramente con l’adolescenza tutto cambierà ancora. Ma se devo forzare una risposta, penso che la principale differenza sia questa: la madre rappresenta la sfera dell’accudimento, il padre quella del gioco e delle regole.
Come è cominciata la collaborazione con Silvia Lonardo di Cosedamamme?
Tra me e Silvia c’è una conoscenza virtuale cominciata circa 15 anni fa. Era il 2000 e avevo aperto la mia prima pagina internet, in cui avevo messo un forum su cui scrivevo solo io e un mio amico. Silvia, non so come fece a trovarlo, cominciò a commentare per alcuni mesi, fino a che, come ho scoperto rileggendo quei vecchi post, non dovette smettere perchè il 20 febbraio 2001 fu messa in punizione (“Io non posso usare molto internet perchè sono in punizione. Ora vi saluto perchè lo sto facendo di nascosto… Ciao ragazzi.”). Aveva solo 14 anni, chissà che aveva combinato.
Ci siamo incontrati (sempre virtualmente) circa 3 anni fa, grazie a Facebook, io non ricordavo minimamente la sua esistenza, e andai a rileggermi il forum: esisteva in effetti una certa Silvia86. Da lì è cominciata un’amicizia (virtuale, ad oggi non ci siamo mai visti), fino a che lei, impietosita per la mia pagina Facebook che contava 500 fan (contro la sua che ne aveva 40mila), mi propose di scrivere un articolo per lei. E così ho fatto.
Non immaginavamo che i lettori avrebbero apprezzato così tanto (le condivisioni raggiungono delle cifre che non mi sarei mai aspettato, e sono in aumento ad ogni articolo). Questo ci ha convinti sulla “necessità” di pubblicare un libro che raccolga tutti i post scritti fino ad oggi (oltre ad altri che scriverò prossimamente) affiancati da nuovi disegni originali fatti da Silvia. Siamo stati contattati anche da una piccola casa editrice che ci ha offerto una pubblicazione, ma la proposta era abbastanza restrittiva e ci stiamo muovendo per trovare un editore dal taglio più “umano”. Siamo sicuri che ne uscirà un bel lavoro, e non vediamo l’ora di vederlo pubblicato.
I tuoi post sono a forte tasso di ironia, sei così anche nel quotidiano?
Direi di sì, in linea di massima sono una persona molto ironica, anche se spesso in pubblico sono taciturno e posso sembrare una persona poco socievole, chi non mi conosce. Se però mi sento a mio agio, e ho confidenza, solitamente sono come nei miei post, ironico, pronto alla battuta, logorroico, e giocherellone.
Da dove nascono i tuoi racconti?
I racconti che scrivo nascono ovviamente dalle mie esperienze, solo che sono visibilmente esagerati, portati al parossismo. Prendo un evento, un ricordo, qualcosa che mi è rimasto impresso e lo ingigantisco, trasformandolo in uno stereotipo, in una macchietta. Nei miei post cerco di abbracciare il più possibile i luoghi comuni, trattandoli in modo che la maggior parte delle persone possa riconoscervisi, in maniera goliardica e, spero, non offensiva.
Vuoi dare qualche consiglio ai neo papà?
Quando seppi che stavo per diventare padre, ero contento, molto contento. Però mancava qualcosa. Ero felice all’idea che sarei diventato padre, ma non ero ancora un padre. Ho continuato a ragionare come ho sempre fatto, la mia vita non era affatto cambiata. La mia compagna invece si era già trasformata in mamma, e ogni giorno che passava lo era sempre di più. Iniziarono a frullarmi nella testa dei pensieri strani, “evidentemente non mi interessa abbastanza, non sono abbastanza coinvolto, non mi sento affatto un padre”. Per la donna è più semplice, perchè lei sente dentro di sè ogni minimo cambiamento, tutto il suo corpo si predispone ad accogliere questa nuova vita, la sente crescere dentro di sè. L’uomo invece deve accontentarsi di vedere dall’esterno queste evoluzioni, e fidarsi di quello che gli viene detto. Ma ancora un uomo non è padre. E non lo è neppure nel momento in cui nasce. Per un uomo ci vuole più tempo, deve cominciare ad interagirci, a cullarlo, a coccolarlo, e piano piano questa trasformazione avviene anche dentro di lui. Ho parlato con molti padri, e tanti mi hanno confermato queste mie sensazioni.
Questo è il consiglio che mi sento di dare, che un uomo non si spaventi se non si sente abbastanza coinvolto, non si faccia prendere dall’idea di essere una persona insensibile, di non poter essere un buon padre. Non abbia paura. Arriverà, piano piano, quando quegli occhietti cominceranno a guardarlo, a riconoscerlo, a sorridergli, quel giorno anche il padre più freddo si scioglierà come una candela al sole. E quel giorno finalmente sarà padre, non prima.
Se volete scoprire qualche cosa di più su Jacopo Campidori lo trovate su: www.glipsicologi.info
Sulla sezione vita da papà di Cose da mamme: www.cosedamamme.it/category/vita-da-papa/
Ringrazio Jacopo, per la disponibilità con cui si è messo in gioco e per la splendida sincerità delle sue risposte.
foto: © Jacopo Campidori